Fedeli chiamati un ufficio in nome della chiesa

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19 settembre 1989 
I fedeli chiamati ad esercitare un ufficio in nome della chiesa sono tenuti ad emettere la “Professione di fede”, secondo la formula approvata dalla sede apostolica

 


CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI,
I fedeli chiamati
“Professio fidei” et “usiurandum fidelitatis”
in suscipiendo officio nomine ecclesiae exercendo,
1 iulii 1988


NOTA DI PRESENTAZIONE (1)


I FEDELI CHIAMATI ad esercitare un ufficio in nome della chiesa sono tenuti ad emettere la “Professione di fede”, secondo la formula approvata dalla sede apostolica (cfr. can. 833). Inoltre, l’obbligo di uno speciale “Giuramento di fedeltà” concernente i particolari doveri inerenti all’ufficio da assumere, in precedenza prescritto solo per i vescovi, è stato esteso alle categorie nominate al cari. 833, nn. 5-8. Si reso necessario, pertanto, provvedere a predisporre i testi atti allo scopo, aggiornandoli con stile e contenuto più conformi all’insegnamento del concilio Vaticano Il e dei documenti successivi.
Come formula della “Professio fidei” viene riproposta integralmente la prima parte del precedente testo in vigore dal 1967 e contenente il Simbolo niceno?costantinopolitano. La seconda parte è stata modificata, suddividendola in tre commi ai fini di meglio distinguere il tipo di verità e il relativo assenso richiesto.
La formula dello “Iusiurandum fidelitatis in suscipiendo officio nomine ecclesiae exercendo“, intesa come complementare alla “Professio fidei“, è stabilita per le categorie di fedeli elencate al cari. 833, nn. 5-8. IL di nuova composizione; in essa sono previste alcune varianti ai commi 4 e 5 per il suo uso da parte dei superiori maggiori degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica (cfr. can. 833, n. 8).
I testi delle nuove formule di “Professio fidei” e di “lusiurandum fidelitatis” entreranno in vigore dal 1 marzo 1989.




Rescritto
riguardante le formule della professione di fede e dei giuramento di fedeltà (1)


Per quanto riguarda le formule della “Professione di fede” e del “Giuramento di fedeltà”, riportate nel fascicolo di Acta Apostolicae Sedis del 9 gennaio 1989, si decide di pubblicare il relativo rescritto proveniente dall’udienza (1):


Rescritto dall’udienza del santo padre
Nell’udienza concessa al sottoscritto cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il 1 luglio 1989, il santo padre si è degnato di approvare e stabilire sia i nuovi testi delle formule di “professione di fede” e del “giuramento di fedeltà nell’atto di assumere un ufficio da esercitare a nome della chiesa”, sia le norme ad esse pertinenti nella “nota di presentazione” delle stesse e ha stabilito che tutto questo fosse pubblicato nel debito modo in Acta Apostolicae Sedis. Le traduzioni di quelle formule nelle lingue correnti, preparate a cura delle conferenze episcopali, potranno essere usate soltanto dopo l’approvazione data da questa Congregazione.



Dal palazzo della Congregazione della dottrina d ella fede, 19 settembre 1989.
JOSEPH card. RATZINGER, prefetto


CONGREGATIO DE DOCTRINA FIDEI, Rescriptum ex audientia ss.mi In audientia, formulas professionis fidei et iuris iurandi fidelitatis contingens, foras datur, prot. n. 106/83, 19 septembris 1989: AAS 81(1989), 1169.


NOTA
Il “rescriptum ex audientia ss.mi” consiste in una risposta data dal papa durante un’udienza. Tale risposta, a norma del can. 59 § 2, ha lo stesso valore ed è sottomessa alle stesse regole dei “rescritti” (cann. 59?73). Con questo strumento giuridico, l'”oracolo a viva voce”, testimoniato dal card. Ratzinger con firma e data e reso di pubblica ragione sul bollettino ufficiale della Santa Sede, si dà completa “forma giuridica” sia alla “nota di presentazione” sia alle formule giuridiche della “professione di fede” e del “giuramento di fedeltà”, precedentemente pubblicate su AAS 81(1989), fase. 1, p. 104ss, che mancavano dell’indicazione dell’autore, della data di emanazione e dell’indicazione della potestà legislativa, dal momento che esse innovavano (in quanto aggiungevano obblighi nuovi) rispetto al can. 833.


da una parte, il modo con cui lei considera i rapporti tra la rivelazione e l’esperienza e, dall’altra, il ruolo che lei attribuisce in teologia a una “manuductio” di tipo apologetico. Per questi motivi e per i dubbi che ancora rimangono, la congregazione, che per il momento si astiene dal formulare un giudizio in proposito, non può esimersi dal sottolineare la necessità di una perfetta conformità ai principi ai quali deve attenersi qualsiasi lavoro teologico. Per quanto riguarda il rapporto tra rivelazione e esperienza (con le sue conseguenze per il ruolo normativo degli insegnamenti formali della Bibbia e dei documenti del magistero), essa richiama la sua attenzione specialmente su quanto viene, esposto nella dichiarazione Mysterium ecclesiae, 5 (AAS 65 [1973],-,402-404).
Le sarò grato, reverendo padre se mi farà sapere quale mezzo ritenga più efficace per soddisfare le richieste da me espresse. Da parte sua, la congregazione penserebbe a un articolo da lei preparato in accordo con essa, prendendo come base il documento aggiunto alla presente lettera. Ma è pronta a prendere in considerazione qualsiasi altro mezzo che lei proponesse.
Inviamo una copia di questa lettera a s.e. il.card J. Willebránds, che segue questa vicenda in qualità di gran cancelliere dell’università di Nimega, e un’altra al rev.mo maestro generale dell’ordine dei frati predicatori, suo ordinario.
Nell’attesa di una sua risposta favorevole, la prego di gradire, reverendo padre, l’espressione dei miei sentimenti di rispettosa devozione.


FRANJO card. SEPER, prefetto 20 novembre 1980


NOTA
(1) AAS 81(1989), 104-106; OR 25.2.1989, p. 6. -Per la completezza di questo documento, che mancava dell’autore, della data, della firma e dell’approvazione pontificia, essendo norma legislativa, vedasi il “Rescriptum ex audientia ss.mi“, doc. n. 70, marginale 2494. La versione italiana è stata preparata della CEI, secondo la disposizione del predetto “Rescriptum“: Notiziario CEI 7/1990, pp. 179?182.
Elaborate a più riprese e a vari livelli dalla congregazione a partire dal 1984, queste formule per la “Professione di fede” e per il “Giuramento di fedeltà” sono state approvate dal papa il 10 luglio 1988.
Secondo il can. 833 hanno l’obbligo di emettere la professione di fede: 1) quanti partecipano a un concilio ecumenico o particolare, al sinodo dei vescovi, al sinodo diocesano; 2) chi è stato elevato alla dignità cardinalizia 3) chi è promosso all’episcopato e gli equiparati; 4) l’amministratore diocesano: 5) i vicari generali, episcopali e giudiziali; 6) parroci, rettore del seminario, insegnanti di teologia e filosofia nel seminario; 7) gli ordinandi al diaconato; 8) il rettore di una università cattolica o ecclesiastica; 9) i docenti di discipline teologiche o morali in ogni università; 10) i superiori di istituti religiosi o società di vita apostolica clericali.