Maria tra femminismo e gnosi

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In occasione della diffusione dell’Enciclica di Giovanni Paolo II “Redemptoris mater“, l’allora Card. Ratzinger pubblicò una riflessione sull’utilità dell’enciclica nella quale affrontava diversi temi di natura esegetico-biblica. Riproduciamo qui una breve riflessione sul ruolo della Beata Vergine Maria quale “antidoto” alla “eresia eterna” costituita dalla gnosi, al moderno femminismo e agli altri errori del nostro tempo.

Il cosiddetto Vangelo degli egiziani, risalente al secolo II, attribuisce queste parole a Gesù: “Sono venuto ad annullare le opere della realtà femminile” (1).


Tali parole esprimono un motivo fondamentale dell’interpretazione gnostica del cristianesimo, motivo fondamentale che – in una formulazione un po’ diversa – ricorre anche nel cosiddetto Vangelo di Tomaso: “Allorché di due ne farete uno, allorché farete… la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere sicché non vi sia più né maschio né femmina…. allora entrerete nel regno” (2). Similmente ivi leggiamo in chiara contrapposizione a Gal 4,4: “Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro padre“(3).


In questo contesto è interessante osservare come Romano Guardini veda un segno del superamento dello schema fondamentale gnostico da parte degli scritti giovannei nel fatto “che nel complesso dell’Apocalisse il femminile gode di quella pari dignità del maschile, che Cristo gli ha conferito. E vero che il momento del male, della sensualità e del femminile confluiscono nella figura della prostituta babilonese; ciò però sarebbe pensato in termini gnostici solo se dall’altra parte il bene comparisse solo in figura maschile. In verità esso trova un’espressione radiosa nella comparsa della donna cinta di stelle. Se proprio volessimo parlare di una prevalenza, dovremmo piuttosto assegnarla al femminile; infatti la figura, in cui il mondo redento si struttura in maniera definitiva, è quello della ‘sposa’ (4).


Con questa osservazione Guardini ha messo il dito su una questione fondamentale di una giusta interpretazione della Bibbia. L’esegesi gnostica è caratterizzata dal fatto di identificare il femminile con la materia, con il negativo e con il nulla, cose che non possono far parte dell’affermazione salvifica della Bibbia; naturalmente simili posizioni radicali possono anche capovolgersi nel loro opposto, nella rivolta contro valutazioni del genere e nel loro completo rovesciamento.


Nell’evo moderno, a partire dal messaggio biblico, ha preso piede per altri motivi una esclusione meno radicale, ma non meno efficace del femminile; un “solus Christus” esagerato indusse a rifiutare ogni cooperazione della creatura, ogni significato autonomo della sua risposta e a vedervi un tradimento della grandezza della grazia. Perciò da Eva fino a Maria, lungo la linea femminile della Bibbia, non poteva esserci nulla di teologicamente rilevante: quanto i Padri e il medioevo avevano detto al riguardo fu inesorabilmente bollato come ritorno al paganesimo, come tradimento dell’unicità del Redentore.


I femminismi radicali odierni vanno senza dubbio interpretati solo come lo sfogo dello sdegno per una simile unilateralità, sfogo a lungo represso e che ora assume naturalmente posizioni davvero pagane o neognostiche: la rinuncia al Padre e al Figlio, che ivi si verifica, colpisce al cuore la testimonianza biblica (5).


Tanto più importante diventa leggere la Bibbia stessa e leggerla tutta. Allora si vede che, nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo, ai patriarchi e al Servo di Dio, corre la linea che va da Eva, alle donne dei patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia – un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia inconcluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione della “ecclesia” diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile col mistero cristologico.


La scomparsa di Maria e della “ecclesia” in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità. L’allontanamento dalla “ecclesia” fa anzitutto scomparire il luogo esperienziale, in cui tale unità diventa visibile. Tutto il resto segue poi da solo. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento, selezione secondo la quale ciò che è presuntamente più antico viene dichiarato l’unico valido, con conseguente deprezzamento di Luca e Giovanni. Invece solo nel tutto troviamo il tutto (5).


[…]


I radicalismi che lacerano il nostro tempo, che spingono la lotta di classe fino alle radici dell’essere umano – al rapporto fra uomo e donna -, sono “eresie” nel senso letterale del termine: selezione, che rifiuta il tutto. Solo la riacquisizione di tutta la Bibbia può riportare l’uomo in quel centro, in cui egli diventa pienamente se stesso.


Così il dramma odierno potrebbe aiutare a capire l’invito a una lettura anche mariana della Bibbia meglio di quanto ciò sembrasse possibile fino a poco tempo fa; viceversa noi abbiamo bisogno di questa lettura per poter far fronte alla sfida antropologica odierna.


 


NOTE


1) Logion 22. Cito dall’edizione copto-tedesca, che A. GUILLAUMONT, H.- CH. PUECH, G. GUISPEL e altri hanno pubblicato nel 1959 presso Brill a Leida [trad. it., in Apocrifi del nuovo Testamento, I. UTET, Torino 1971, 487]. Paralleli al logion 22 se ne riscontrano in una serie di altri logia, per es. 37; 106; 46; 31 ecc. Sulla natura e sulla datazione del Vangelo di Tomaso cf. H.-CH. PUECH, in HENNECKE – SCHNEEMELCHER. op. cit., I, 199-223. Molto illuminante sul significato di questi testi è il contributo di J. B. BAUER, “Echte Jesusworte?“, in W. C. VAN UNNIK, Evangelien aus dem Nilsand, Frankfurt a. M. 1960, 108-150. Nell’odierno dibattito sul femminismo sarebbe importante tenere presente lo sfondo storico e culturale, qui emergente, su cui il cristianesimo andò strutturandosi nel mondo antico; ciò aiuterebbe a capire come nel cristianesimo ecclesiale e nella sua scelta degli scritti canonici fu salvaguardata l’unicità e la novità di Gesù contro le correnti, in cui lo spirito del tempo trasfigurava e assolutizzava religiosamente se stesso.


2) Logion 15 [trad. it, op. cit., 486].


3) R. GUARDINI, Das Christusbild der paulinischen und johanneischen Schriften, Wurzburg 1961, 180. Quest’opera troppo poco considerata di Guardini contiene una serie di osservazioni importanti e finora non recepite sia a proposito di questioni fondamentali dell’interpretazione teologica della Bibbia, sia a proposito dell’esatta comprensione della cristologia paolina e giovannea.


4) Sulla dissoluzione femministica dell’immagine cristiana di Dio è istruttivo CARL F. X. HENRY, God, Revelation and Authority V, Word Bootes, Waw Texas, s. d., ca. 1984; tipico dell’interpretazione femministica del Nuovo Testamento è E. SCHUSSLER-FIORENZA, In memory of Her. A Feminist theological reconstruction of Christian origins, New York 1983.


5) Ho cercato di spiegare questi concetti nel mio libricino Die Tochter Zion, Einsiedeln 1977.


(Brano tratto dal volume Maria: Chiesa nascente; Edizioni San Paolo
Cinisello Balsamo (MI) 2005, 1 ed., 88 pagine, ISBN 88-215-5471-6;
http://www.edizionisanpaolo.it/scheda.asp?CDUCompleto=98A3 )